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22-10-2014
Identità e Memoria
La Fondazione ha perso un amico e un collaboratore prezioso: Giovanni Gibertini

Giovanni Gibertini (1945–2014)
In cooperativa dal 1972 e socio dal 1973, entrò in Coperfer, ventisettenne e già sposato, come operaio comune, venendo da un’esperienza totalmente diversa: lavorava infatti come falegname alla Verelux di Reggio Emilia con buon inquadramento e buona paga.
Scelse il cambiamento, su invito di Ottavio Casamatti, soprattutto per la forte motivazione politica a lavorare in una cooperativa. Accettò per questo di iniziare un nuovo lavoro, vedendosi oltretutto diminuiti qualifica e stipendio, dato che il Consiglio di amministrazione non ratificò l’accordo con Casamatti per un’assunzione con la qualifica di operaio specializzato.
Alla revisione delle qualifiche comunque, alcuni mesi dopo, gli fu assegnato l’incarico di capo reparto; divenne in seguito responsabile della lavorazione degli infissi e dal 1992, succedendo a Giuliano Davoli, responsabile di stabilimento, incarico che mantenne fino al pensionamento nel marzo 1997.

Di seguito alcuni brevi estratti da una sua testimonianza raccolta il 30 maggio 2008*: 

Io abitavo a Cadelbosco Sotto e ho fatto le scuole a Guastalla ma poi, non avendo tanti soldi in tasca, ho deciso di smettere e di iniziare a lavorare; avrò avuto dodici o tredici anni.
Il primo lavoro che ho trovato è stato a Guastalla come cromatore; ma non mi piaceva tanto e così sono andato a fare il falegname. L’ho fatto a Guastalla, a Cadelbosco Sopra e dopo, quando ci siamo trasferiti a Sant’Ilario d’Enza, nel parmigiano. Poi la ditta ha chiuso e sono andato a Reggio, sempre come falegname.
Nel ’72 lavoravo a Reggio e andavo a mangiare in mensa al Gramsci. Lì ho incontrato Ottavio Casamatti che era vicepresidente della Metallufficio, che parlando mi ha detto: “Perché non vieni a lavorare alla Coperfer?”
La proposta mi piaceva, perché mi avvicinavo a casa e poi perché era una cooperativa; per me allora era qualcosa: lavoravi per te stesso e per gli altri, non per uno solo.
Mi ha convinto e così sono andato in Coopsette, dove facevano i serramenti, e ho lavorato sempre lì, fino a quando sono andato in pensione.

[…]
Dovevano assumermi con una certa qualifica; ma poi mi hanno assunto con un’altra.
Mi ha chiamato Casamatti e mi ha detto: “C’è stata un po’ di discussione, ti avevo detto che ti davamo quella qualifica, ma in Consiglio hanno deciso diversamente; però se non accetti ti assumiamo con la qualifica che ti avevo promesso.” Io ho detto: “No, se non è adesso, sarà la prossima volta.” E infatti dopo sei mesi mi hanno passato di qualifica: da operaio, sono diventato caporeparto, poi capofficina.

[…]
Mi ricordo un particolare: quando ho iniziato a lavorare alla Coperfer, i montatori esterni erano tutti dipendenti nostri, venivano a casa il venerdì sera e al lunedì mattina dovevano partire.
Io andavo al sabato pomeriggio a lavare i camioncini, a mettere l’olio o a fare quelle cose lì, la manutenzione normale. Perché era impensabile che un montatore, un ragazzo che stava via tutta settimana e veniva a casa il venerdì sera, caso mai dopo cena, al sabato mattina si venisse a preparare la roba da prendere su il lunedì. E allora io gli facevo quelle cose lì e non marcavo neanche le ore, perché quelle cose si facevano per attaccamento alla tua ditta, perché uno credeva nella cooperativa.


* Testimonianza raccolta per conto della Fondazione nell’ambito del progetto sulla Memoria di Coopsette realizzato da Gisp Italia Marketing e Centro per la cultura d’impresa. Testimonianza raccolta da Lucilla De Leonardis, con le riprese di Sergio Villanova; trascrizione di Simona Tancredi, rielaborata in questa sede da Carlo Alzati.
Nella foto: Giovanni Gibertini alla cena dell’Assemblea di bilancio del 30 giugno 2000.

 
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